Carola Carazzone in un articolo comparso di recente sul sito di Assifero ( https://assifero.org/mascolinita-tossica-e-cambiamento-di-paradigmi-culturali/) analizza i dati dell’accesso delle donne alle Facoltà universitarie delle materie scientifiche e prova a capire il perché della difficoltà delle donne di accesso a tali facoltà. Si riporta uno stralcio dell’articolo ma vi invitiamo a leggerlo per intero sul link fornito.
“Le radici psicologiche e sociali delle diseguaglianze”
In un saggio potentissimo Chiara Volpato analizza le radici psicologiche delle diseguaglianze.
Ad occuparsi di diseguaglianze sono stati finora soprattutto gli economisti, e il contributo della psicologia sociale apre in questo campo frontiere originali e dirompenti. Volpato analizza come le diseguaglianze vengono costruite, occultate, accettate, interpretate ed esamina i meccanismi di assoluzione, colpevolizzazione, colonizzazione e i comportamenti di dominanza e sottomissione con cui le diseguaglianze si perpetuano e si rafforzano. Seppur non specifico sulle diseguaglianze di genere, tutto il saggio può essere letto con lenti di genere.
Alla radice delle diseguaglianze ci sono percezioni distorte che sistematicamente le sottostimano e processi di legittimazione, profondamente radicati in miti di fondazione e giustificazione, sia da parte del gruppo dominante sia da parte di chi le subisce. Sia il gruppo dominante sia il gruppo dominato inoltre concorrono – spesso inconsciamente – al mantenimento delle diseguaglianze con meccanismi di psicologia sociale basati su tre fattori reciprocamente rinforzanti: legittimazione, stabilità e permeabilità. È proprio in queste radici psicologiche e sociali profondamente radicate nella nostra cultura che si annida l’elefante nella stanza: la mascolinità tossica.
Con il concetto di “mascolinità tossica” si fa riferimento non tanto ai comportamenti di sessismo e machismo violento, sboccato, insultante o denigratorio che oggi sono – o dovrebbero essere – sanzionati anche penalmente in qualunque ambito, ma a tutto quell’insieme di comportamenti e credenze subliminali che comprendono per i maschi il dover sopprimere le emozioni, il dover mascherare il disagio e la tristezza, il mantenere un’apparenza di stoicismo, di “virilità”, il non comportarsi da deboli, deferenti, accudenti o timorosi, il mansplaining. Le ripercussioni del paradigma della mascolinità tossica sono ampie e profonde a nocumento degli uomini tanto quanto delle donne e si insinuano, per esempio, nella “finta parità” durante gli anni della scuola, nello sbilanciamento del carico familiare del lavoro di cura e nelle carriere delle donne strozzate a monte e a valle, nella segregazione tra maschi e femmine negli ambiti formativi e lavorativi, nella dicotomia per le donne tra lavoro e carriera, nelle autolimitazioni e nella “cronica sotto autostima” delle donne .